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Nuove frontiere del Sud. Genesi e sviluppo di un pensiero plurale sul Sud nella letteratura e nella cultura dell’Italia contemporanea

Vittorio Valentino

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Vittorio Valentino

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Nuove frontiere del Sud. Genesi e sviluppo di un pensiero plurale sul Sud nella letteratura e nella cultura dell’Italia contemporanea

 

Narrativa n.39/2018 a cura di Margherita Marras e Giuliana Pias, 188 pp.

 

Affidarsi ad una persona di fiducia crea una percezione rassicurante, in quanto, in ogni circostanza, questa ci sorprenderà. Non per il suo comportamento, inatteso o consueto che sia, ma percproprio quella fiduciosa certezza è una sensazione così rara,  che  quando  si  presenta,  sembra  sempre  nuova,  sorprendente  e  rassicurante insieme.  Così  mi  ha  colto  la  lettura  di  questo  39°  numero  di  Narrativa  «  Nuove frontiere del Sud. Genesi e sviluppo di un pensiero plurale sul Sud nella letteratura e nella cultura dell’Italia contemporanea », facendomi provare proprio quella sensazione di sicurezza, dovuta alla qualidei contenuti, che da sempre la rivista offre ai suoi lettori, proprio come ci si aspetta da una persona di fiducia. Tuttavia, questo numero fa, ad un umile studioso del Mediterraneo come me, un regalo ulteriore di insperata portata: esso fornisce una mappa ideale per guidare il lettore all’interno dello spazio mediterraneo,   descrivendo   le   tappe   della   formazione   di   un   pensiero   sul   Sud, individuando   coloro   che   hanno   “inventato”   il   Sud,   e   poi   mantenuto   in   quella subalternità nella quale esso si trova da troppo tempo. Sebbene la riflessione parta dal Sud Mediterraneo e venga portata da autori italiani, il pensiero non si esaurisce mai in uno slancio eurocentrico, per approdare su una riva vicina e conosciuta, ma pervade altri Sud tentando di comprendere perché, si chiede Mauro Pala, quella subalternisia  « concetto  imprescindibile  dalla  sua  fenomenologia  in  varie  conformazioni  del mondo-Sud »1. Alla lettura, una sorta di flashback spinge al ricordo di un’antica cartina medievale che pone una versione diversa da quelle classiche: si tratta di una visione da Sud, in cui questo punto cardinale si trova proprio al Nord del piano.

  

 

 

 

 

 

Questa sembra la strada intrapresa dall’insieme di questi testi che intendono porre, già dialetticamente   e   semanticamente,   il  Sud   in   una   posizione   “altra”,   mostrando l’alternativa storica e simbolica dietro una produzione letteraria e culturale complessa che, tassello dopo tassello, decostruisce quel legame Sud-subalternità. Le curatrici del numero, Margherita Marras e Giuliana Pias, introducono più che efficacemente i testi, guidando il lettore una tappa dopo l’altra, collocate secondo una precisa logica sulla mappa di cui parlavamo, con l’ambizione che questo volume possa « proporre alcune interpretazioni teoriche, letterarie, figurative, politiche [...] sulle nuove frontiere del Sud inteso sia come oggetto sia come soggetto [...] »2.

La vera sorpresa, posta coma tappa primaria e primordiale, consiste nella presenza di Franco Cassano, il quale compie una sorta di ritorno sul “pensiero meridiano”, rivedendone alcuni punti fondamentali alla luce dei recenti eventi storici: una summa essenziale tra il vecchio e il nuovo secolo con i suoi mutamenti, costatando che nello spazio globale attuale « più che delinearsi un’alternativa corale e solidale agli imperativi del capitalismo hanno prevalso la logica dell’inseguimento e della competizione e la speranza di ribaltare vecchie egemonie »3. Il titolo “En Attendant Méditerranée” risuona come un esplicito “non ci siamo ancora”, un monito che apre alle tappe successive, dove il pensiero gramsciano e la questione meridionale compaiono in quasi tutti i testi, partendo dalla nascita delle logiche tradizionali e territoriali sul concetto di Sud, spingendo in seguito verso il loro ribaltamento.

In effetti, è fondamentale capire l’invenzione del topos Sud, prima elemento geografico poi connotato morale, che nasce già nell’immaginario scientifico degli stati atlantici del ’700, un’Europa che Luigi Cazzato definisce « seduta sul mondo »4, in cui si differenziano « stato di cultura » e « stato di natura », dove « l’“Italia come sud” ha la funzione, per contrasto, di forgiare l’identità della nobile e fulgida schiatta anglosassone con l’aiuto di tutto ciò che di negativo aveva rispetto allo standard di civiltà stabilito dalla master narrative imperiale britannica »5.

Entrando nello specifico italiano, appaiono sempre più accurate le analisi sulla questione meridionale e sulle dinamiche legate alle frontiere terrestri e culturali, che legano in questa stessa mappa ideale, regioni e realtà diverse. Per Paolo Desogus, si tratta di pezzi di un Sud frammentato anche all’interno delle proprie categorie sociali più basse, incapace di allearsi per creare quel “passo in avanti” che nel pensiero di Gramsci avrebbe spinto i subalterni (operai, contadini) ad uscire da quella « posizione analoga alle popolazioni coloniali »6, e ad entrare nella storia come portatori di una cultura e di un pensiero per sé.

Progressivamente, nel volume si fa spazio la ricerca di una cultura specifica, dinamizzata da arte e letteratura in particolare. Partendo ad esempio dal cinema, Roberto Dainotto ragiona sulla perdita del suo ruolo pedagogico, che dilaga nel macchiettismo, nello stereotipo del tutto negativo del soggetto meridionale. D’altro canto, il cinema di Garrone mostra un Sud senza speranze, in cui capitalismo e criminalità hanno definitivamente disgregato quelle masse che già per De Martino non erano coscienti della propria posizione subalterna, in quanto svuotate dalle proprie pratiche culturali: « La “profonda disgregazione” del mondo subalterno, la crisi, rischia così di essere totale: individuale, sociale, economica, politica, e culturale »7.

A supporto delle culture vive dell’Italia del Sud e non solo, troviamo nel volume altre presenze illustri che lo hanno rappresentato ma soprattutto osservato socialmente e politicamente. Secondo Davide Luglio, la visione pasoliniana di Napoli, oltre che mitica e simbolica, non contiene solo una volontà di conservazione di una cultura popolare forte come forma di resistenza all’egemonia consumistica, ma reclama « una “forma di vita” popolare e astorica la cui principale caratteristica è appunto di resistere al movimento della storia [...] del nuovo capitalismo che non intende limirasi “a cambiare storicamente un tipo di uomo: ma l’umanità stessa”»8. Da Napoli al Sud lucano, da Pasolini a Levi, continua l’escursione tra le tappe segnate sulla mappa: l’evocazione di Vincenzo Binetti della Lucania leviana del Cristo, come per il Sud pasoliniano, si colloca in una ricerca di autonomia di uno spazio sociale dal dominio del capitalismo, spingendo le soggettività ad evolvere al di fuori di confini politici che implicano estraneità e cittadinanze parziali9.

A dimostrazione che al Sud il mare non è confine, l’esplorazione letteraria fa tappa   in   altri   Sud   della   penisola   agendo   su   vari   livelli.   In   terra   sarda,   tra rappresentazioni   storiche   e   scrittura   contemporanea,   Roberto   Lapia   rievoca   la Sardegna  spagnola  del  XV  secolo,  per  cui  « raccontare  il  passato  [...]  attraverso  un punto di vista alternativo, permette agli autori sardi di sovvertire la narrazione ufficiale e  di  innalzare  i  subalterni  al  ruolo  di  soggettività  parlanti  all’interno  del  dicorso storico »10. Dalla Puglia, come terra di creatività plurale, Giovanna Zaccaro rievoca la riflessione sull’occidentalismo imperfetto e sulla necessidi costruire un dialogo sui conflitti e le diversità: alla ricerca di un riscatto sociale partendo dalla scrittura come

« arte  che  consenta  anche  une  ridefinizione  dell’identità  intellettuale  e  letteraria uscendo definitivamente dagli stereotipi [...] »11.

La forza di questo volume risiede anche nella direzione finale verso la quale la mappatura  dei  testi  guida  il  lettore:  una  rotta”  che,  dopo  le  analisi  degli  autori, propone delle possibili soluzioni, delle implicazioni intellettuali attraverso esempi di esperienze   individuali   e   collettive,   che   hanno   come   scopo   l’affrancarsi   dalla subalternità e dalle politiche di dipendenza Nord-Sud. Angela Biancofiore preconizza un’educazione  al  dialogo  attraverso  ampie  e  diverse  pratiche  interculturali,  per  una presa di coscienza dell’alterità e della diversità. Dove narrazione e scrittura mettano al centro  « la  produzione  di  senso  e  di  cultura  che  deriva  dal  confronto  tra  i  modelli, saperi, e stili di vita diversi »12. Il  percorso solidale tra gli uomini, per scavalcare le logiche  capitalistiche,  necessita  però  in  primo  luogo  una  relazione  rinnovata  con l’ambiente:  « per  avviare  pratiche  di  ecologia  ambientale  e  sociale.  [...]  per  poter pensare  un’ecologia  della  mente  che  non  possiamo  disgiungere  dall’ecologia  sociale (che  riguarda  la  società,  come  ad  esempio  i  fenomeni  migratori),  e  dall’ecologia ambientale »13.

Potrebbe essere proprio questo, in parte, il « pensiero plurale » contenuto nel titolo del volume: restituire ai cittadini del Sud, presenti e futuri, il proprio luogo di vita, sviluppando in essi la volontà di preservarlo e farlo evolvere attraverso progetti valorizzanti per il territorio. Stimolare la vicinanza tra natura e cultura allo scopo di aprire le proprie frontiere mentali imparando a dialogare con il Nord e con gli altri Sud, uscendo definitivamante dalla cartografia pianificata dall’ordine globale.

 

1 Cf.: Mauro PALA, Sulle tracce di Calibano. Subalternità come discorso del mondo-sud (pp .65-79).

2 Cf.: Margherita MARRAS, Giuliana PIAS, Nuove frontiere del Sud (pp. 7-12).

3 Cf.: Franco CASSANO, En attendant la Méditerranée (pp. 13-27).

4 Cf.: Luigi CAZZATO, L’Italia come sud nella cultura inglese moderna: un contributo decoloniale (pp. 29-40).

5 Ibidem, p. 36.

6 Cf.: Paolo DESOGUS, Appunti sul rapporto tra questione meridionale e nazionale-popolare in Gramsci con una nota sul cinema di Matteo Garrone (pp. 41-51).

7 Cf.: Roberto DAINOTTO, Tre Sud di Ernesto de Martino (pp. 53-64).

8 Cf.: Davide LUGLIO, Il Sud come “forma di vita”. L’esempio di Napoli nell’opera di P. P. Pasolini (pp. 81-90). 9 Cf.: Vincenzo BINETTI, Sud globale e autonomia : narrazioni transculturali, dislocazioni identitarie e sconfinamenti geopolitici nel Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi (pp. 103-114).

10 Cf.: Roberto LAPIA, Lo spazio ambiguo: la narrativa sarda contemporanea e la dominazione spagnola nell’isola (pp. 115-128).

11 Cf.: Giovanna ZACCARO, Raccontare il sud. La narrativa in terra di Bari (149-160).

12 Cf.: Angela BIANCOFIORE, Quando il Sud e il Nord s’incontrano: nuove pratiche interculturali (pp. 161- 177).

13 Ibid., p. 174.

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