Il fenomeno del film «ecologico».
La trasformazione della società attraverso l’impegno civile nella creazione cinematografica e l’esperienza dell’EIFF
di Roberto Quarta[1]
Premessa
Sin dal suo esordio, il Cinema ha avuto la velleità di “mostrare la realtà”[2], la prima spettacolare rappresentazione dei fratelli Lumiere[3] può essere considerata l’abbozzo di una visione prototipica di Cinema Documentario, ma sarà attraverso altri registi che si manifesterà la vera forza narrativa del mezzo cinematografico. Attraverso varie forme espressive, il Cinema ha servito sempre un’esigenza “formativa” e “informativa”[4]. Già dopo pochi anni dall’invenzione dei fratelli Lumiere, il Cinema aveva già scoperto il proprio linguaggio e si declinava in varie forme: dal Documentario[5] al Cinema di testimonianza storica[6], al Cinema di ricostruzione[7] e fino al Cinema di propaganda[8]. Proprio quest’ultimo rappresenta, ovviamente nell’accezione negativa, la dimensione culturale del “portato narrativo” dei film e ci consentirà di definire che cosa s’intende per “film d’impegno sociale” e di scoprire quali sono le caratteristiche che fanno di un film un “film ecologico”.
Il Cinema è un mezzo culturale e, secondo il modo in cui è utilizzato, può aggiungere o togliere qualcosa alla cultura di una società[9]. Il Cinema ha una grande forza di penetrazione soggettiva perché influenza profondamente, sia a livello emotivo e sia a livello cognitivo, i processi neurologici del cervello[10], la sua capacità di suggestionare di far percepire le cose come vere, attuali, immediate è dimostrata ormai sperimentalmente attraverso la Risonanza Magnetica Funzionale (fMRI). Inoltre, gli aspetti semantici e semiotici[11] che favoriscono l’identificazione soggettiva rappresentano la chiave interpretativa del processo psicologico sotteso alla visione di un film.
L’esperienza di fruizione cinematografica determina, quindi, una soggettiva mistificazione percettiva che condiziona il senso di realtà e catapulta il soggetto nella “trama” del film.
E’ questo processo che rappresenta la grande capacità comunicativa del Cinema. Ricordiamo ciò che Georges Sadoul[12] scrive sul cortometraggio L'arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat:
In L'arrivée d'un train la locomotiva giunge dal fondo dello schermo, avanza sugli spettatori e li fa sussultare dando loro la sensazione che stia per schiacciarli. Essi identificano quindi la loro visione con quella della macchina da presa…
E’ proprio grazie a questo processo d’identificazione che il Cinema di propaganda riesce a condizionare le società[13], distorcere la realtà, proporre specifiche visioni di Regime e riuscire anche a costruire “ad arte” i fatti per alterare il “senso della Storia”[14]. Il suo alter ego invece, il film d’impegno sociale, opera esattamente al contrario perché non si propone di condizionare, di distorcere la realtà, di proporre visioni di regime, di costruire i fatti per alterare il “senso della Storia”, ma d’informare i cittadini. Il film d’impegno sociale è sempre appartenuto a un “Cinema libero” che non ha bisogno di un committente e che ha la “Coscienza” come madre e il “Senso Civico” come padre. Il più delle volte è lo stesso regista che decide di raccontare qualcosa per rendere di pubblico dominio un tema che ritenga urgente essere divulgato. Ed è proprio questo sentimento, questa motivazione “pura” di chi realizza il film d’impegno sociale, che pone le basi su cui si fonda un film ecologico: la necessità di girarlo.
Esempi di Cinema d’Impegno Civile
Che cosa s’intende per Cinema Civile? “Il Cinema Civile come Cinema d’impegno sociale rispecchia una visione del mondo improntata a una sorta di laicismo solidale”[15]. Il Cinema Civile è un modo di utilizzare il film come un mediatore che favorisca lo sviluppo della conoscenza, ha una finalità sociale non propagandistica e non ha alcun tipo di finalità speculativa in senso economico.
Proiezione in piazza - Eiff 2013 Nardò
La data di nascita ufficiale del cinema civile, si fa tradizionalmente risalire all’inizio degli anni Sessanta, con l’uscita del film di Francesco Rosi, Salvatore Giuliano del 1962. Il film è strutturato come un’inchiesta e, anche se ricostruisce i fatti avvalendosi di attori non professionisti, cerca di restituire la vicenda del bandito Giuliano in maniera abbastanza rigorosa. Il film fu un grande successo, raccolse un vasto consenso dal pubblico e importanti riconoscimenti dalla critica[16] e dal Mondo del Cinema[17]. Nello stesso anno vinse l’Orso d’argento al Festival di Berlino. L’anno successivo Rosi s’impegnò su un altro film, questa volta di denuncia, che allo stesso modo riscosse un grande successo: Le Mani sulla Città. Questo film, considerato un capolavoro del Cinema Italiano, vinse il Leone d’Oro a Venezia nello stesso anno. Da allora, il Cinema d’impegno Civile ha conosciuto, in particolare in Italia,un periodo di grande fermento creativo e produttivo, altri registi seguirono il solco tracciato da Francesco Rosi[18], ma fino all’avvento delle nuove tecnologie digitali è sempre stato una nicchia con un numero limitato di autori e opere realizzate.
Il Cinema Ecologico
Che cosa è il Cinema Ecologico? Il Cinema Ecologico è anch’esso un Cinema d’impegno sociale, ma aggiunge almeno due elementi nuovi: la dimensione collettiva e l’interazione diretta col pubblico. Il Cinema Ecologico, così come il Cinema Civile, utilizza il film come un mediatore che favorisca lo sviluppo della ri-conoscenza[19], ha una finalità sociale non propagandistica e non ha alcun tipo di finalità economica. Il Cinema Ecologico accoglie l’eredità del Cinema Documentario, strizza l’occhio al neorealismo, ma non assomiglia a nessuno dei due. Perché è un fenomeno nuovo che ha come sfondo la crisi ambientale e parte, da un lato dall’accessibilità offerta da una tecnologia “a portata di tutti” e, dall’altro dal bisogno dei registi e dei filmaker di poter “agire sulla realtà” attraverso una testimonianza di valore sociale di cui rendere partecipe la collettività. Probabilmente assistiamo a un fenomeno che deve ancora trovare una propria collocazione, ma che certamente sfrutta a pieno lo sviluppo delle nuove tecnologie di produzione e di distribuzione[20]. E’ l’impegno dei filmakers nella società contemporanea che ha dato luogo ad un modo nuovo di raccontare la realtà e a rendere possibili delle ricostruzioni impossibili in altri tempi.
Alcuni esempi chiariranno meglio il valore e l’entità del fenomeno:
- Durante il G8 di Genova del 2001 è stato il lavoro collettivo spontaneo di centinaia di filmakers a: 1. contribuire alla determinazione della verità sull’omicidio di Carlo Giuliani; 2. contribuire alla determinazione della verità sul pestaggio dei manifestanti presso la scuola Diaz.
- Durante l’operazione “Piombo Fuso” nella Striscia di Gaza nel 2009 è stato il contributo dei filmakers palestinesi a mostrare le immagini dei bombardamenti con il fosforo bianco. Gli israeliani hanno impedito l’accesso ai giornalisti di tutto il mondo perché non volevano un’informazione ufficiale su quanto accadeva. Quella prodotta dai palestinesi non godeva di credito secondo loro e non se ne sono preoccupati.
- Durante e dopo il “Terremoto dell’Aquila” del 2009 è stato attraverso il contributo dei filmakers che si è vista la differenza fra ciò che propagandava la TV di Stato e la realtà di una città devastata e di una popolazione frantumata.
- A Piazza Tahrir nel 2012 Cairo, sono state le immagini dei filmakers a comporre un quadro d’insieme di un evento così importante che di lì a poco avrebbe incendiato altri Paesi dando vita alla “primavera araba”.
Il Cinema Ecologico è un Cinema “prodotto dal basso”, completamente auto-finanziato e con budget molto bassi; e anche questa originalità dell’aspetto produttivo rappresenta un’innovazione nel modo di creare contenuti, soprattutto in una fase recessiva globale come quella che stiamo attraversando.
Ma perché definiamo “Ecologico” questa tipologia di film?
La parola Ecologia viene dal greco οίκος, "casa" o "ambiente"; e λόγος, "discorso" o “studio”
Inerente al fenomeno del film “ecologico”, la parola “ambiente” è intesa non come un luogo fisico, ma come un contesto semantico entro cui l’essere umano agisce. Il senso del discorso filmico si allarga e diventa politematico, può interessarsi del rapporto uomo-natura, così come si allarga a dimensioni pressoché infinite e più complesse, perché può riguardare il rapporto uomo-lavoro, uomo-città, uomo-società, uomo-valori, uomo-sentimenti, uomo-infinito.
Una tale prospettiva implicherebbe un allargamento smisurato della categoria cinematografica, tale da inglobare qualunque argomento e annullare, di fatto, l’essenza connotativa e identificativa della stessa, se non ci fosse l’aspetto etico a orientarne il discorso. La ricerca del “ben-essere”[21] personale e sociale rappresenta l’utopia del percorso di ricerca dei filmakers impegnati in questo settore. In tal senso le video-narrazioni sono incentrate sulla ricerca del “ben-essere” umano/sociale/ambientale, laddove questo sia assente, oppure sulla divulgazione di un modello simbolo del raggiungimento di un progresso, e, in quanto tale, da divulgare e far conoscere per diffonderlo.
Pertanto, quando definiamo un film come ecologico ci riferiamo anche al contesto semantico oggetto del suo tema.
Volendo indagare meglio le caratteristiche di questa tipologia di cinema occorre capire che cosa s’intende per film “ecologico”?
A prima vista il film “ecologico” sembra fare riferimento a un modo ecologico di produrre il cinema secondo degli standard che rispettino la cosiddetta “impronta ecologica”[22]; in realtà per film “ecologico” intendiamo un approccio batesoniano alla realtà, attraverso lepotenzialità espressive/divulgative del Cinema. Un cambiamento di prospettiva il cui fondamento:
è nella consapevolezza non di una banale interazione tra mondi, quanto di una co-appartenenza significante quale si determina in un sistema che realizza un modello cibernetico[23].
E pertanto è caratterizzato da: 1. una differente sensibilità autoriale; 2. un approccio partecipativo.
In questa prospettiva l’autore, regista, filmaker ri-legge il rapporto uomo-ambiente nel suo significato etico.
L’approccio partecipativo, invece, riguarda il radicale cambiamento di prospettiva nella relazione narrazione-media, in cui lo spettatore diventa agente e non più soggetto passivo.
La maggiore fruibilità della tecnologia ha consentito di abbattere le spese per le attrezzature, ma ha anche prodotto una semplificazione della filiera produttiva cinematografica, contraendo in maniera significativa sia i tempi che i costi di produzione dei film.
La facile accessibilità dei mezzi di produzione e di post-produzione video ha favorito lo sviluppo del filmaking, ma non è stato l’incremento in sé della produzione video a determinare il fenomeno del film “ecologico”. Ciò che ha determinato questo fenomeno è stato il bisogno interiore dei filmakers di veicolare attraverso il cinema dei contenuti inderogabili. Dietro al film, emerge quella che potremmo definire “l’urgenza del film”, cioè la necessità di raccontare per sviluppare la coscienza.
In questo senso la prospettiva batesoniana incarna nel filmaker “il fattore autoregolatore della società”.
Anche lo spettatore di questo genere di film è, per così dire “evoluto” e portatore di “valori etici”.
Infatti, davanti al film, cioè davanti allo schermo siede uno spettatore attento che non guarda il film come un semplice spettacolo, ma cerca un intrattenimento intelligente che oltre a emozionarlo lo arricchisca culturalmente e lo renda più consapevole.
La “partecipazione” è un nuovo modo di scrivere la storia, attraverso l’utilizzo di media facilmente accessibili e d’immediato utilizzo, nel senso che ognuno di noi può essere testimone e “narrare” la sua visione del mondo. Non dimentichiamo che anche registi affermati hanno intuito le potenzialità del racconto collettivo, come, ad esempio, l’ultimo progetto di Salvatores, il quale prevede la realizzazione di un film sulla realtà basato sui contributi video di tutti coloro che vogliono raccontare la propria storia in questo periodo (24 novembre 2013) di crisi economica.
Naturalmente non è questa la tipologia di un film “ecologico”, ma sottolinea quanto l’aspetto partecipativo sempre più rappresenti il “valore aggiunto” dei film socialmente impegnati.
La trasformazione della società attraverso l’impegno civile nella creazione cinematografica
E’ il regista polacco Dziga Vertov, il primo regista a girare un film di regime, a porre le basi per il dibattito sulla verità nel Cinema. Probabilmente la sua incapacità di accettare condizionamenti sulla propria espressione stilistica lo ha reso inviso al Regime, che preferiva film “più digeribili” per il grande pubblico che doveva essere indottrinato al comunismo. E’ evidente che Vertov si rese conto dell’utilizzo manipolativo che il regime comunista faceva del Cinema, ma ad ogni modo la sua critica si focalizzava prevalentemente sul linguaggio e quindi sul valore espressivo del film. Che cosa restituisce un film allo spettatore? Quali manipolazioni consente il montaggio nella ricostruzione della realtà? Quanto incidono le didascalie nella costruzione del senso del film?[24] Naturalmente, essendo il Cinema un mezzo di comunicazione di massa, i leader politici colsero al volo l’opportunità di esaltare la propria immagine[25], sfruttando le possibilità d’influenzare le masse che questo nuovo strumento offriva loro. Ancora oggi, seppur con altri mezzi, l’immagine in movimento è il vettore per raggiungere e manipolare il grande pubblico[26].
Il Cinema come Propaganda è il punto di partenza della riflessione sulla trasformazione della società: perché infatti, da un punto di vista deontologico, occorre tener presente che il Cinema “aggiunge” qualcosa alla narrazione e ciò la rende più incisiva e profondamente capace d’influenzare gli altri. Quindi, la tesi di questo articolo è che: considerando l’influenza intrinseca del mezzo (il Cinema), la trasformazione sociale è sempre e comunque l’effetto che esso determina indipendentemente dal risultato (positivo o negativo che sia). Fare un film d’impegno sociale significa proporre un’utopia della trasformazione e del cambiamento sociale. E affinché un film possa essere latore di un cambiamento sociale occorre che ci sia un pubblico che possa apprezzare quel film. L’attuale sviluppo economico, privilegiando la massificazione e la logica del profitto, ha annichilito la cultura in favore di uno sviluppo basato sul consumo dei beni materiali e immateriali. In questa trasformazione il Cinema, come industria, ha seguito la logica del mercato: inseguendo il profitto ha smarrito l’arte ed ha così barattato la poetica con gli effetti speciali. Il concetto stesso di sala di proiezione è scomparso sostituito dal Multisala. E nella trasformazione avvenuta negli ultimi vent’anni sono nati nuovi luoghi di proiezione: i festival indipendenti dove è ancora possibile cibarsi della cultura e fruire la visione di film d’impegno sociale.
Parlare di trasformazione della società può apparire certamente ambizioso, ma se consideriamo la trasformazione delle conoscenze individuali e collettive attraverso le proiezioni dei film, gli incontri con i registi, i dibattiti con gli esperti aperti al pubblico, i laboratori urbani, i corsi e i seminari di cinema, abbiamo un panorama di azioni che, nel tempo, possono portare a un mutamento degli atteggiamenti e conseguentemente a un cambiamento dei comportamenti individuali e collettivi. E’ chiaro che non è la sola “cinematografia impegnata” a produrre siffatti cambiamenti, ma un più vasto movimento culturale di cui la cinematografia fa parte. E che, attraverso diversi strumenti e media, propugna e propaga conoscenze “diverse” rispetto a quelle “ufficiali”.
E’ ormai acclarato che la condivisione sociale di una medesima visione di un processo storico/politico concorre a provocare movimenti di massa che incidono sulle politiche e sulle economie globali.
Fino a qualche decennio fa, il dibattito sugli effetti del progresso tecnologico e industriale del XIX e XX secolo[27] era appannaggio di consessi specifici al mondo accademico e non trapelava a livello pubblico e politico. Lo sviluppo e il consolidamento economico delle aree più ricche del pianeta a scapito delle aree più povere ha prodotto nel tempo degli effetti gravissimi che hanno avuto delle conseguenze dirette su tutti i cittadini. Si pensi ai mutamenti climatici o alle catastrofi ambientali prodotte dall’uomo - solo per citare alcuni esempi: Seveso (1976), Bhopal (1984), Chernobil (1986), Exxon Valdez (1989), Fukushima (2011), ecc. - che hanno posto direttamente la società di fronte a interrogativi improrogabili. A ciò si aggiunga che l’impoverimento delle aree meno sviluppate del mondo, causato dallo sfruttamento senza scrupoli delle aree più ricche, ha avviato un processo di degrado sociale e civile che ha costretto gli abitanti di quei luoghi, per ragioni di povertà o di guerra, ad abbandonare i loro paesi. Nei paesi ricchi hanno cominciato così ad arrivare emigranti e profughi, la cui presenza ha alterato gli equilibri sociali dando vita a un corollario di dis-umanità che ha colpito direttamente l’opinione pubblica. Il Cinema Ecologico ha raccontato molto bene e con grande sollecitudine questi fatti. Molti sono stati i filmakers che, attraverso analisi micro e macro sociali, hanno mostrato quale sia l’entità della tragedia globale e di chi siano le responsabilità[28]. Grazie anche al Cinema Ecologico la consapevolezza di questo processo fino a vent’anni fa apparteneva agli intellettuali, mentre ora è largamente condiviso, tant’è che ha dato vita a movimenti sociali di grande rilevanza come “No Global”, “Occupy Wall Street” ecc.
Roberto Quarta (Dir. EIFF) e Khalil Altoubat (Console Palestina) durante la presentazione di un film
In questo senso, il Cinema impegnato fa la sua parte. In particolare, sono proprio i festival, che affrontano tematiche sociali, a ospitare e a diffondere i film d’impegno civile. In base ai dati forniti da Festival Focus, che è ritenuta la fonte più attendibile, si stima che i festival del Cinema in tutto il mondo siano circa 2348 distribuiti in 95 nazioni. Di seguito è indicata una stima della distribuzione dei Festival nei vari Paesi[29]:
Un migliaio di festival[30] appartengono all’area dei festival “sociali” cioè che affrontano tematiche d’interesse pubblico come l’inquinamento, la guerra, i valori umani, la sessualità, la diversità, la convivenza, il paesaggio, le nuove forme di economia, le differenze sociali, la povertà, l’emigrazione, la disparità di genere, ecc.
L’esperienza dell’EIFF
In quanto filmaker, mossi da un “principio di responsabilità”, secondo la prospettiva di Jonas[31] abbiamo perseguito la prospettiva “eutopica”[32] di poter contribuire a favorire lo sviluppo della consapevolezza attraverso il Cinema. E quindi dal 2008 abbiamo dato vita all’Ecologico International Film Festival (EIFF) promuovendo, attraverso il cinema, una riflessione sulla società contemporanea. E’ un festival del Cinema Sociale che si svolge in Puglia[33] organizzato dall' associazione culturale Contemporary Art Addiction.
Il Festival promuove il dibattito nella società contemporanea sui temi cruciali della convivenza umana e promuove i valori dell’accoglienza e della solidarietà.
Serata di premiazione EIFF - Campi Salentina 2014
Offre al pubblico un programma vario e articolato che prevede oltre alle proiezioni dei film, anche degli incontri con autorevoli personaggi della cultura e del terzo settore. Si propongono incontri per sensibilizzare ed educare i cittadini a nuovi modelli culturali e di vita. Promuove il cinema attraverso i corsi e i seminari di narrazione visuale rivolti agli studenti. Propone mostre e allestimenti di arte contemporanea.
La domanda che ci poniamo è la seguente: Possiamo migliorare il mondo in cui viviamo?
L’idea di fondo è che non ci può essere benessere se non c’è una “educazione al ben-essere”[34].
L’Eiff, non suggerisce soluzioni, si limita a stimolare la riflessione e ad innescare un processo di consapevolezza individuale e collettiva. Il cambiamento poi, se ci sarà, dipenderà dal concorso di altri fattori.
Sono molte le persone che hanno aderito entusiasticamente al progetto del festival non solo rendendolo possibile, ma amplificandone la risonanza internazionale. Nel corso di sei edizioni si è registrato un costante aumento d'iscrizioni, dagli iniziali 114 film della prima edizione si è arrivati a 313 film nel 2013. Oggi il festival dispone di un consistente «Archivio filmico» costituito da circa 2000 film provenienti da 75 Paesi del Mondo.
La funzione sociale dell’EIFF non si esaurisce nella durata del festival, poiché l’ «Archivio filmico» costituisce uno straordinario patrimonio culturale fruibile da tutti, esso infatti viene gratuitamente messo a disposizione degli Enti Scolastici e delle Biblioteche per finalità formative e/o educative.
Nel corso degli anni il festival si è arricchito di eventi e di presenze di rilievo nazionale e internazionale. Hanno partecipato come ospiti, tra gli altri: Luigi Faccini (regista), Marina Piperno (produttrice), Cosimo Quarta (Filosofo), Giuseppe Ferrara (regista), Moni Ovadia (regista), Nabil Salameh (Radiodervish), Omar Suleiman (attore), Franco Danieli (Senatore della Repubblica), Stefano Conte (direttore di produzione), Francesca Muci (regista), Nando Popu (Sud Sound Sistem), Vanessa Picciarelli (sceneggiatrice), Francesco Farina (giornalista), Marc van Put (direttore della fotografia), Eleonora Pariante (regista), Massimo Causo (giornalista), Alessandro Kokocinski (artista), Valerio Zingarelli (top manager), Maura Crudeli (regista), Airan Berg (direttore artistico Lecce 2019), David Grieco (regista), Alessandro Valenti (sceneggiatore)[35].
L’EIFF nel corso di sei edizioni è diventato un appuntamento molto atteso dai registi indipendenti e ciò ha prodotto un interessamento da parte di alcuni enti pubblici e privati che hanno voluto patrocinare l’iniziativa riconoscendone l’alto valore culturale[36]. Ne è testimonianza l’alto numero d’iscrizioni circa 2000 titoli presenti nell’Archivio filmico dell’EIFF e la presenza di registi provenienti da 52 diverse nazioni. L’alto numero di film stranieri iscritti al Festival indica, evidentemente, che l’EIFF è ormai un festival riconosciuto a livello mondiale. Ne sono ulteriormente prova i patrocini internazionali riconosciuti al Festival. Inoltre ha stabilito gemellaggi con Festival prestigiosi come il Green Nation Festival di Rio de Janeiro, il Thessaloniki International Short Film Festival di Salonicco e il The Village Doc Festival di Milano.
Premio intitolato a Juliano Mer Khamis
La risposta del pubblico è sempre stata molto gratificante e positiva, con una partecipazione sovente entusiastica, ma la presenza numerica delle persone al festival non è mai stata altissima. Ciò è dovuto principalmente al fatto che i temi trattati sono di alto spessore intellettuale e quindi tendono, di per sé, a selezionare frange di pubblico molto ristrette e spesso anche culturalmente impegnate. Secondariamente perché, per ragioni di sobrietà, abbiamo scelto sempre una comunicazione poco inquinante e preferibilmente via internet e quindi non visibile a chi non utilizza questa tecnologia. Purtroppo, nonostante, il valore intrinseco della proposta culturale il festival non raccoglie, ormai da diversi anni, l’attenzione delle amministrazioni pubbliche che non destinano risorse economiche per la sua realizzazione. La prossima edizione si terrà presso la Fiera del Libro di Campi Salentina che, in occasione dei festeggiamenti per la sua ventesima edizione, ospiterà il festival durante tutta la manifestazione. Siamo certi che sarà una splendida cornice per un festival come l’Eiff che è fondato essenzialmente sull’ “incontro”. Perché così come il cinema è il luogo della condivisione di un film, il libro può essere il ponte che fa incontrare l’autore con il lettore. I progetti culturali finalizzati a sviluppare la presa di coscienza del pubblico esprimono una natura intrinsecamente “formativa”. Ciò significa che avrebbero bisogno di specifici spazi dove, appunto, la cultura opera, vive e si rinnova. L’esperienza di questi anni ci porta a concludere che un progetto di trasformazione culturale come l’Eiff troverebbe compiutezza e senso in un contesto accademico e, pertanto, per garantirne la continuità sarà determinante stabilire dei rapporti di collaborazione con il Mondo dell’Università. Oltre ai giorni della manifestazione, l’Eiff potrebbe proporre durante tutto l’arco dell’anno delle rassegne di film su tematiche suggerite dai docenti per consentire agli studenti di effettuare degli approfondimenti sulle materie di studio. Ci auguriamo, quindi, di trovare presto un’Università che voglia abbracciare l’Utopia dell’Eiff.
Statuette del Taurus in bronzo prima della premiazione (Eiff 2013 – Nardò)
[1] Roberto Quarta, direttore dell’ Ecologico International Film Festival, http://ecologicofilmfestival.it/
[2] Per non scadere in quella che potrebbe essere definito come un punto di vista “ingenuo” occorre rammentare che l’inconoscibilità della realtà rappresenta la base partenza del presente articolo e che pertanto l’idea di realtà rappresenta un “noumeno”, come direbbe Kant. Allo stesso tempo si riconosce il valore ermeneutico della realtà intesa come una “funzione di senso” quale prodotto interpretativo del nostro cervello.
[3] A Parigi, il 28 dicembre del 1895 presso il Salon Indien du Grand Café si tenne la prima rappresentazione pubblica a pagamento del Cinematografo, un’invenzione dei fratelli Lumiere brevettata appena un anno prima. (da: http://eraoggi.com/28-dicembre-1895-la-prima-proiezione-cinematografica-dei-fratelli-lumiere/154). Furono proiettati 10 film la cui durata variava dai 37 ai 60 secondi. Le immagini ritraevano scene di vita quotidiana riprese dai Lumiere in situazioni diverse. (da: https://it.wikipedia.org/wiki/Auguste_e_Louis_Lumi%C3%A8re)
[4] Il Cinema costruisce significato e pertanto “forma” la cultura sociale ma, allo stesso tempo, facendo vedere “informa” e costruisce conoscenza.
[5] Robert Flayerthy, considerato universalmente il primo vero documentarista della Storia del Cinema fu anche il primo assertore del Cinema Verità. Nel 1918 realizzò Eskimo, un documentario sulla vita degli eschimesi.
[6] George C. Stevens, Colonnello delle forze anglo americane nel 1945, durante le operazioni militare di liberazione, documentò su pellicola gli orrori dei campi di concentramento nazisti. Il suo film Nazi concentration Camps fu usato come prova dei crimini commessi dai nazisti durante il Processo di Norimberga.
[7] Luigi Maggi è stato il primo regista che ha realizzato un film di ricostruzione storica nella storia del Cinema. Il film intitolato Gli ultimi giorni di Pompei è un cortometraggio che utilizza lo sfondo storico dell’eruzione del Vesuvio, avvenuta nel 79 D.C., per ambientare una poco probabile storia d’amore di due giovani pompeiani che riescono a scampare alla tragedia.
[8] Dziga Vertov è riconosciuto come il primo regista che ha girato un film di “regime”. L’anniversario della Rivoluzione è un cortometraggio del 1919 che racconta la Rivoluzione d’Ottobre del 1917. Essendo stato prodotto dal Comitato Cinematografico del Commissariato del Popolo per la Pubblica Istruzione dell’Unione Sovietica può essere considerato uno dei primi film di regime mai realizzati. Vertov successivamente non ha più diretto film di regime probabilmente perché perse le simpatie del Regime Comunista per la scelta di girare i film in un modo diverso dagli standard correnti. Creò una corrente d’avanguardia, Kinoglaz, che teorizzava la necessità di restituire la verità allo spettatore.
[9] A tal proposito riportiamo le parole di Ugo Baistrocchi, dirigente del MIBAC che in lettera pubblicata sul quotidiano La Repubblica dice: “Negli anni ’70, al Teatro Tenda al Testaccio, che non esiste più, partecipando ad una manifestazione a favore del Cinema e dello Spettacolo, mi colpì, tra tanti interventi, quello di un regista che diceva: ‘Ricordatevi che la cultura non è una merce, non è un piatto di spaghetti o un litro di benzina. Un concerto, un libro, un film vivono con voi per sempre e possono essere condivisi quasi all’infinito con gli altri’. E concluse: ‘Perché la Cultura più si consuma e più ce n’è’. Avevo vent’anni e quell’insegnamento non l’ho mai dimenticato. Quel regista era Ettore Scola”. (La Repubblica, 21 gennaio 2016, p. 34)
[10] Hasson, Uri, Landesman, Ohad, Knappmeyer, Barbara, Vallines, Ignacio, Rubin, Nava and Heeger, David J., 2008, "Neurocinematics: The Neuroscience of Film", Projections, vol. 2, n°1.
[11] Quarta Roberto, 2009, "Applicazione della Psicologia Visuale in un contesto formativo d’educazione ambientale: Inquadrare l’ambiente per riconoscerlo, in Kunstwollen-Rivista di Cultura, Lecce, Edizioni Esperidi.
[12] Sadoul Georges, 1981, Storia del cinema mondiale, Milano, Feltrinelli, 1981, p. 32.
[13] Si fa riferimento alla propaganda Nazista che costruì l’immagine negativa degli ebrei prima e durante la seconda Guerra Mondiale. Inoltre il Cinema di propaganda fu il principale vettore di consenso e indottrinamento politico durante il regime comunista nell’ex Unione Sovietica.
[14] Tutti i regimi totalitari hanno utilizzato il Cinema di Propaganda per alterare ai propri bisogni la verità storica. Per esempio, durante la Seconda Guerra Mondiale Mussolini diede, attraverso i cinegiornali, l’immagine di una Nazione forte, bene armata e vincente, cosa che, com’è noto, si rivelò drammaticamente falsa!
[15] Balzano Cristina, 2002, Cento anni di Cinema Civile, Roma, Editori Riuniti, p. 9.
[16] Vinse la Grolla d’oro nel 1962 e il Globo d’oro nel 1963. Entrambi i premi sono annuali e assegnati dai giornalisti.
[17] Vinse tre nastri d’argento nel 1963.
[18] Elio Petri, Gillo Pontecorvo, Paolo e Vittorio Taviani, Carlo Lizzani, Luigi Zampa, Giuseppe Ferrara, Damiano Damiani, Giuliano Montaldo sono solo alcuni dei registi che hanno caratterizzato quella stagione che ebbe nell’attore Gian Maria Volonté il suo volto più iconico.
[19] Con ri-conoscenza s’intende la capacità di approfondire il tema ripreso in modo differente e quindi di consentire alla macchina da presa di fungere da meta-contesto semantico.
[20] La possibilità di girare e di montare un film a costi bassissimi e di poterlo distribuire attraverso internet gratuitamente rappresentano delle condizioni i cui effetti probabilmente consolideranno alcune prassi e determineranno nuove logiche di mercato.
[21] Il nuovo paradigma si può definire «ecologico» poiché implica una visione ecologica, cioè globale, olistica del mondo. (Quarta Cosimo, 2006, "La formazione della coscienza ecologica", in Quarta C. (a cura di), Una nuova etica per l’ambiente, Bari, Edizioni Dedalo, p. 152)
[22] Piantumazione degli alberi per compensare la produzione di CO2, risparmio energetico, ecc.
[23] Maria Di Domenico: http://www.federica.unina.it/economia/etica-ambiente/ecologia-mente-gregory-bateson/
[24] Fino all’avvento del sonoro del 1926 il Cinema era muto e quindi durante la proiezione del film le immagini si alternavano con didascalie che raccontavano ciò che avveniva o riportavano il testo dei dialoghi.
[25] Mussolini nel 1923 commissionò a Mario Volpe il film Il grido dell’aquila. Una fiction che esalta le qualità del Fascismo e che ricostruisce la marcia su Roma del 1922. Sul fronte opposto registi del calibro di Sergej Michajlovič Ėjzenštejn e Vsevolod Illarionovič Pudovkin servirono il regime comunista con le loro pellicole.
[26] Gli spot pubblicitari, i videogames, i video musicali rappresentano nuovi strumenti di manipolazione del pubblico e l’uso d’Internet attraverso Tablet e smartphone hanno aumentato le opportunità di raggiungere un più vasto pubblico. Senza contare che in questo nuovo caos mediatico non c’è alcuna possibilità di controllo dell’informazione!
[27] Nei termini di: espoliazione delle risorse naturali, sottrazione della quota di CO2, degrado ambientale, degrado sociale, ingerenza economica/politica, aumento della povertà, guerre civili, aumento dell’emigrazione.
[28] Sono moltissimi i registi che contribuiscono a formare le coscienze attraverso i loro film. Attraverso l’esperienza dell’Ecologico International Film Festival ci siamo resi conto della vastità della produzione in questo campo. Nella nostra breve esperienza abbiamo raccolto un archivio filmico di oltre 2000 titoli provenienti da 65 paesi del Mondo!
[29] I dati riportati in tabella si riferiscono al censimento effettuato attraverso Festival Focus nel periodo di ottobre 2013.
[30] Si stima che possano essere 1349 i festival “sociali” che si tengono nel Mondo, ma il dato è puramente indicativo perché c’è una grande variabilità annuale.
[31] “Proprio perché so che le conseguenze del mio agire possono ricadere non solo sul mio «prossimo » immediato, ma anche su coloro che sono «lontani»” (Quarta Cosimo, 2006, "Il rapporto uomo-natura come problema etico", in in Quarta C. (a cura di), Una nuova etica per l’ambiente, Bari, Edizioni Dedalo, p. 10).
[32] Ibid., p. 12. La parola “Eutopia” compare sin dalla prima edizione de L’Utopia di Tommaso Moro e Cosimo Quarta ne spiega le ragioni: “Il passo avanti che More ritiene d’aver compiuto, rispetto a Platone, è quello di presentare lo «Stato ottimo» come già realizzato e operante. Ed è proprio per questo che esso meriterebbe di chiamarsi non più Utopia (il «luogo inesistente») bensì Eutopia, (il «buon luogo»), o meglio, il «luogo del bene».” (Quarta Cosimo, 2016, Homo utopicus, Bari, Edizioni Dedalo, p. 120).
[33] Nel corso di 7 edizioni si è svolto a Nardò (Le), Vernole (Le), Galatone (Le), Ostuni (Br), Lecce, Cisternino (Br).
[34] “E’ opportuno rilevare subito che la formazione della coscienza ecologica si presenta come un compito piuttosto arduo, a causa del pluralismo etico, o meglio a causa delle diverse concezioni del rapporto tra l’uomo e la natura” (Quarta Cosimo, 2006, op. cit., p. 134).
[35] Nel corso del tempo l’EIFF ha costituito un Comitato d’Onore di personaggi che hanno promosso il festival e patrocinato le sue iniziative: Daniele Cini (regista), Maura Crudeli (filmmaker), Annamaria Esposito (Giornalista Rai), Luigi Faccini (regista), Duilio Giammaria (giornalista Rai), Giuseppe Giulietti (giornalista RAI), Alessandro Kokocinski (artista), Moni Ovadia (attore teatrale), Renzo Rossellini (produttore), Mario Nanni (giornalista), Marina Piperno (produttrice), Sergio Rubini (attore), Franco Scaglia (ex Presidente di Rai Cinema), Gian Paolo Vallati (regista), Rosa Villecco Calipari (Parlamentare della Repubblica), Fabio Zamarion (direttore della fotografia), Valerio Zingarelli (Presidente Fondazione Valerio Zingarelli Onlus)
[36] Unesco, Università Al Quds di Gerusalemme, Università Bir Zeit di Ramallah, Università del Salento, Alternative Information Center di Gerusalemme, Ministero dell’Ambiente e Ministero dell’Istruzione Italiani.