Carnet n°5 / Bibliothèque

Comprendere se stessi e gli altri attraverso Il sentire che noi siamo: teorie sulla vita affettiva

Patrick Cherif

Résumé

Intorno a:

Il sentire che noi siamo: teorie sulla vita affettiva, a cura di Luigina Mortari e Federica Valbusa, Roma, Carocci, 2021

 

 

 

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     La lettura de Il sentire che noi siamo, curato da Luigina Mortari e Federica Valbusa, si rivela un’esperienza emotiva “strana” e “toccante”. Questi due aggettivi trovano una loro spiegazione nella natura stessa del libro, che si presenta come una raccolta di saggi accademici, scritti da studiosi di diverse materie, intorno al tema del “sentire dell’animo umano”. I saggi che compongono il volume, dunque, paiono richiedere al lettore un approccio professionale e si potrebbe erroneamente pensare che questo libro sia dedicato agli addetti ai lavori. Tuttavia, quando si comincia a leggere, ci si ritrova coinvolti in temi e questioni che riguardano la vita di tutti noi.
     Il libro si presenta così non tanto come una mera raccolta di saggi sulle emozioni umane, quanto come un vero e proprio percorso nella comprensione ed educazione delle nostre emozioni. Anche quando si parla di argomenti letterari o filosofici, al centro vi sono sempre l’agire e il sentire umani. Lungo le pagine de Il sentire che noi siamo si snoda dunque un percorso che con gentilezza e curiosità ci porta ad osservare i sentimenti e le emozioni sia degli altri che di noi stessi.
     I saggi sono ordinati in modo tale che il lettore possa compiere un cammino che gli consenta di comprendere più facilmente “il sentire umano”. Si parte così da saggi che indagano la consapevolezza e la formazione del vissuto affettivo ed emotivo, per passare poi, nella seconda parte del libro, a saggi che osservano l’esperienza del “sentire” nella cultura e nelle relazioni, per poi riflettere, nella terza parte, sulla complessità e vulnerabilità del “sentire”, che nella quarta e ultima parte viene analizzato nelle sue manifestazioni letterarie, ovvero all’interno delle opere in prosa e in versi.
     Mortari e Valbusa, dunque, hanno sapientemente ordinato i saggi dei vari studiosi esperti nelle loro discipline per dar vita ad un volume che si presenta come un vero e proprio manuale dell’affettività e dell’emotività umane.
     Il lettore può infatti esplorare “il sentire” antico e quello moderno, “il sentire” nella letteratura greca e quello nella letteratura italiana, “il sentire” nella normale quotidianità e quello nella drammaticità dell’esistenza.
     Nelle pagine del libro troviamo saggi come quello dedicato all’affettività dei bambini adottati, a cura di Judith Edwards; o saggi come quello di Berit Brogaard, che si sofferma sull’ambiguo meccanismo affettivo degli amanti, offrendo una spiegazione dell’ambiguo sentimento di amore e odio di catulliana memoria.
     Il volume non si concentra solo sul presente, ma invita il lettore a volgere il proprio sguardo anche al futuro attraverso il saggio di Maurizio Fabbri, che indaga l’evoluzione delle emozioni partendo dalla perdita di spontaneità causata dalla diffusione della cultura ed interrogandosi sull’incerto sviluppo delle emozioni in un futuro non lontano.
     I saggi raccolti nel libro, dunque, trattano temi e problematiche diverse e i loro autori sono studiosi di discipline ben differenti tra loro: psicologia, letteratura, antropologia, medicina, filosofia del linguaggio, storia della filosofia e tante altre materie. Nonostante questa grande diversità, i vari saggi sono uniti fra loro da un filo rosso che li attraversa tutti, ovvero l’affettività e l’emotività umane. Affettività ed emotività che non sono indagate freddamente, bensì vengono sviscerate e osservate attraverso fatti ed esempi che riguardano la vita quotidiana affettiva ed emotiva del lettore.
     Esemplare a tal proposito il saggio di Brogaard, che si interroga sul significato dei valori e dell’amicizia e che, partendo dal pensiero di Aristotele e capovolgendolo, pone in crisi il nostro concetto di amicizia e di virtù dimostrando la veridicità di un vecchio proverbio che recita “un amico aiuta a trasferirsi, mentre un buon amico ci aiuta a nascondere un cadavere”.
     Al termine di ogni saggio, dunque, il lettore è portato ad una riflessione sulla natura del proprio sentire e si accorge che la sua identità è in buona parte dettata anche dal modo che ha di “sentire”, ovvero di vivere e di comprendere la propria affettività ed emotività in relazione al mondo che lo circonda.
     Questa lettura dell’affettività e dell’emotività umane, che nel corso del libro appaiono universali e allo stesso tempo così individuali, trova un ulteriore svolgimento nei saggi dedicati all’analisi del “sentire” nella letteratura.
A tal proposito risulta esemplare il saggio di Luigina Mortari e Federica Valbusa, Fenomenologia della vita affettiva nella Divina Commedia, dove viene offerta una lettura fenomenologica del “sentire” all’interno del capolavoro dantesco.
     I saggi di Konstan, Rondoni, Valbusa e Mortari, dedicati alla vita affettiva in letteratura, permettono così al lettore di osservare e capire meglio quel “sentire” che lui stesso può aver provato durante la lettura di certe opere, acuendo in lui quella consapevolezza emotiva che il libro si propone di formare e curare nel corso delle sue pagine.
     A questo punto dovrebbe essere chiaro il motivo per cui la lettura di questo libro risulta “strana” e “toccante”. Infatti siamo di fronte ad un lavoro accademico degno di nota che tuttavia, nonostante la sua scientificità, non appare freddo e distaccato, bensì emotivamente coinvolto e coinvolgente. I vari saggi che compongono il volume, infatti, smuovono qualcosa nel lettore, spingendolo a coltivare la propria sapienza affettiva e la propria energia emotiva, al fine di vivere un’esistenza piena e ricca in cui il “sentire” non viene né subìto né ignorato. E in questo modo riuscire a migliorare e a rendere degna di essere vissuta non solo la propria vita, ma anche quella degli altri. Infatti in tutti i saggi riportati ne Il sentire che noi siamo appare evidente come “il sentire” sia sopratutto un fatto relazionale, fatto di scambi, incontri e scontri, in assenza dei quali emerge un altro “sentire”, doloroso e invisibile, ovvero la solitudine.
     Su tali questioni, ovvero sulla centralità dell’altro nel “sentire” e sull’importanza di un’educazione affettiva, sono illuminanti alcune parole di Luigina Mortari poste nell’introduzione del volume; parole che riportiamo qui di seguito in quanto appaiono illuminanti del valore etico e sociale che lo studio del “sentire” umano racchiude:


     “Sapienza affettiva è sapere leggere i tremori di una voce, saper vedere quando un sorriso nasconde sofferenza, capire quando il silenzio di uno sguardo vorrebbe gridare una richiesta di aiuto, saper decifrare quando l’allegria è solo un modo per farsi accettare nel gruppo, nascondendo una malinconia persistente in cui si raccoglie tutta la sofferenza di un’anima. Aver cura della vita è prestare attenzione all’altro e mettere in campo tutte le condizioni perché non si senta solo ma possa sentire di poter camminare insieme”.

 

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