Carnet n°3 / Bibliothèque

Napoli e le arti

Part[h]Enope. Naples et les arts

Silvia Contarini

Résumé

Intorno a Camillo Faverzani (a cura di), Part[h]Enope. Naples et les arts / Napoli e le arti, Peter Lang, Berna, 2013 (pp. 454)

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I ventisei saggi riuniti nel volume in oggetto sono il risultato di un ampio progetto di ricerca condotto nel biennio 2011 e 2012 dal Pôle Méditerranée dell’Università Paris 8. Tutto l’apparato critico e paratestuale, particolarmente ben curato (prefazione, riassunti, presentazione autori etc.), viene dato sia in italiano che in francese, mentre gli articoli sono o in italiano o in francese. L’idea di fondo che li accomuna è indagare il rapporto della città con la produzione artistica e culturale. Napoli, luogo secolare di scambi e incontri, luogo di convergenze e contrasti, tra nord e sud, oriente e occidente, mare ed entroterra, aristocrazia e plebe, cultura alta e pratiche camorristiche, si presta in particolar modo a disamine incrociate. E non stupisce che l’idea di un simile progetto attorno a Napoli venga da un’équipe di ricercatori facente capo a un’università d’oltralpe. La Francia, si sa, ha intessuto nel tempo solidi legami con la città partenopea; studiosi e intellettuali francesi hanno dedicato a Napoli lavori di notevole levatura. A questo proposito, meritano menzione gli studi della geografa Colette Vallat (Naples: Démythifier la ville, Naples: Le Paradis et les Diables), al cui seminario interdisciplinare Clichés Italiens, images de Naples: bâtir la modernité partecipai qualche anno fa; nonché i noti libri su Napoli dello scrittore e critico Jean-Noël Schifano, ex direttore dell’Institut français di Napoli, città che gli ha conferito la cittadinanza onoraria. E come dimenticare che, fin dal Settecento, Napoli è stata una tappa imprescindibile del tour d’Italia in voga presso artisti, letterati e aristocratici francesi? I racconti e resoconti napoletani di Stendhal, Sade o Dumas, hanno avuto ristampe recenti e sono facilmente reperibili in Francia. Il perdurare dell'attrattività esercitata dalla città partenopea in Francia è percettibile nel mondo accademico e nell’italianismo; la letteratura napoletana contemporanea, argomento del concorso per l’insegnamento secondario nel 2003, ha suscitato una notevole produzione critica: il numero 24/2003 della rivista « Narrativa » intitolato Napoli e dintorni, diversi articoli su « Chroniques Italiennes » (2003 e 2004), la rivista « Scena aperta » dedicata al teatro napoletano. Quest’anno ancora un seminario della prestigiosa École Nationale Supérieure verte sui percorsi letterari napoletani dal dopoguerra ai nostri giorni. V’è da dire che la focalizzazione sull’epoca contemporanea, lungi dall'essere casuale, trova diretta giustificazione nella qualità della produzione letteraria, teatrale e cinematografica. E, fatto non trascurabile, spesso la diffusione della nuova generazione di scrittori e artisti napoletani (Braucci, Montesano, De Luca, Parrella, Starnone) ha permesso di rivalutare la generazione precedente (Ortese, La Capria, Rea) e viceversa.

Il volume curato da Camillo Faverzani si inserisce in entrambi i filoni: nella lunga tradizione di passione francese per Napoli e nella corrente di  rinnovato interesse, in Italia come in Francia e altrove, per la produzione artistica di e su Napoli. Nota distintiva della raccolta è l’angolo visuale marcatamente e volutamente pluridisciplinare: la diversità di approcci e la ricchezza tematica permettono un confronto, diacronico e sincronico, assai fecondo. L’utile suddivisione del volume in quattro sezioni fornisce un solido filo analitico che attraversa le arti e i secoli. La prima sezione, Napoli capitale artistica e musicale, riunisce oltre a qualche saggio sulle rappresentazioni artistiche del sacro e del profano, diversi studi sulla musica e sulla vita canora della città « laboratorio stimolante ». La seconda sezione, Napoli, o dell’uso delle arti a scopo politico, propone riflessioni appassionanti sull’uso e sull’abuso di pratiche artistiche che il potere vorrebbe al suo servizio ma che spesso ad esso si sottraggono o si ribellano. Segue la sezione più cospicua, Napoli oggetto letterario, i cui contributi spaziano da Boccaccio a Raffaele La Capria, passando per Tasso, Basile, Serao, Rea etc., proponendo un ampio spettro delle rappresentazioni letterarie di Napoli. Chiude il volume la sezione Il mito di Napoli, in cui si incrociano sguardi italiani e stranieri, letterari e figurativi o cinematografici, a sottolineare l’eccesso di immaginari e fantasmi ancora suscitati dalla città in tempi recenti.

Nello spazio breve di questa recensione mi è impossibile rendere conto di ciascun contributo. Mi limiterò a menzionarne alcuni, tra i più vicini al mio campo di studi, che per gli argomenti trattati permettono anche di esplicitare la complessità e la varietà della raccolta. A cominciare dall’articolo di Luca Salza, Quand la plèbe parle. Naples 1970, nel quale i movimenti degli anni ’70 e le loro lotte vengono considerati un’attualizzazione dei sollevamenti della plebe napoletana; con la differenza che i « lazzari » del post 1968 si muovono nella modernità di una « città-mondo », e perciò mostrano una sorprendente capacità di ibridazione linguistica: la ripresa creativa del dialetto, la nuova napoletanità, investono anche la creazione artistica. Maria Rosa Chiapparo si interroga invece sulla costruzione di una visione della modernità, tutta in negativo, analizzando con finezza le rappresentazioni trasmesse da Matilde Serao e dalla rivista « Napoli Monitor ». Vincent d’Orlando, nel suo articolo sull’opera di Domenico Rea, inverte i termini abituali del discorso: se nella metafora tradizionale Napoli viene assimilata a una città corpo, nell’opera di Rea sono i corpi a formare una cultura napoletana, e meridionale estensivamente intesa. Tutt’altro che carnale è la rappresentazione di Napoli proposta da La Capria, basti pensare ai suoi testi più noti, Ferito a morte e L’armonia perduta: nel suo articolo, Nives Trentini mostra come l’autore si sia messo alla ricerca della psico-storia di Napoli, ricerca nostalgica di qualcosa che non c’è mai stato eppure è profondamente ancorato alla civiltà partenopea. Un accenno anche al saggio di Costanza Ferrini, L’eccesso di immaginari di Napoli, perché propone una bella carrellata comparativa di tentativi letterari recenti (De Luca, Ortese, La Capria, Montesano, Parrella, Cilento, e altri), esplorazioni e rappresentazioni dei molteplici territori e spazi di una città su cui e in cui proliferano miti e fantasmi. Da leggersi, questo saggio e tutto il volume, come un ammonimento: Napoli ha mille volti, sembra sottrarsi ai cliché pur nutrendoli, in una oscillazione tra poli che non sono più le due Napoli, i vicoli e il golfo, il Mediterraneo e l’entroterra, la plebe e i borghesi, la storia e la natura; Napoli è pluralità, è sfaccettatura, sono  mondi coesistenti dove creazione artistica e degrado convivono nel medesimo spazio di mito e realtà.

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